Illustrissimo Presidente del Consiglio Prof. Mario Monti,
Sono Paolo Marconcini, Sindaco del Comune di Cerea (Vr), una città di ben 16.508 abitanti, al mio secondo mandato.
Sono infatti stato rieletto dai miei concittadini alle scorse elezioni, al termine di cinque anni in cui ho amministrato questo Comune tra mille avversità, in un crescendo di difficoltà economiche e tagli continui da parte dello Stato Italiano. Una situazione che, come lei ben sa, non sta migliorando.
Quello che forse Lei non sa è che la città di Cerea è famosa in tutto il mondo per essere l’eccellenza italiana nella produzione artigianale di mobili classici di altissima qualità ed oggi anche di design. Il nostro era, fino a pochi anni fa, un distretto di produzione invidiato e studiato in tutto il mondo; una tipologia di lavoro che vedeva imprenditore e dipendente pienamente integrati, come un’unica famiglia, senza tensioni sociali, anzi, in molti casi erano proprio intere famiglie a lavorare il mobile classico con passione e dedizione.
Da pochi anni a questa parte lo scenario è cambiato drasticamente, le imprese sono entrate in crisi, prima a causa della concorrenza straniera, poi ha inciso la crisi internazionale, per non parlare del cambio euro dollaro, che ha fatto salire in pochissimo tempo e in modo vertiginoso i prezzi delle esportazioni verso il continente americano, con un blocco quasi totale degli acquisti da parte del nuovo continente.
Sono consapevole delle difficoltà incontrate in questi anni dai vari Governi italiani nel far quadrare i conti, una difficoltà che è di certo aumentata in questo ultimo periodo costringendovi a scelte impopolari.
Oggi il Governo viene a chiedere i soldi ai Comuni e ai cittadini, ma mi permetta di chiederLe: dove Li troviamo noi questi soldi? È mai venuto a bussare alla sua porta un padre di famiglia disperato perché non riesce a mandare avanti la Sua azienda e così non ha neppure la possibilità di aiutare la sua famiglia? Davanti al mio ufficio, ogni giorno, c’è la fila di persone che si trovano in questa situazione e la maggior parte sono proprio quegli stessi artigiani che hanno dato lustro alla nostra città e all’Italia intera, imprenditori che, dopo aver lavorato duramente per una vita intera, hanno dilapidato in pochi anni tutti i risparmi per tenere in vita la propria attività.
Chi doveva in questo momento concedere crediti, ossia le banche, si è trovato “costretto” a restringere la maglia dei finanziamenti perché impegnato nell’acquisto di titoli di Stato e derivati.
A chi tocca quindi aiutare queste famiglie? Ai Comuni rispondo io.
Ma come facciamo se, a causa dei progressivi tagli da parte dello Stato, non solo non abbiamo i soldi per garantire i servizi essenziali, ma ci troviamo nella condizione di dover introdurre nuove imposte perché è il Governo ad imporLe, come ad esempio l’IMU, o ad aumentare quelle esistenti, come l’IRPEF, per consentire agli operai di tagliare l’erba, ai bambini di andare a scuola o anche solo di accendere il riscaldamento negli edifici pubblici durante l’inverno?
Credo quindi che possa comprendere la mia delusione e il mio senso di impotenza di fronte a questa situazione, uno stato d’animo, peggiorato dall’incredibile clima di incertezza nel quale si trovano i conti pubblici oggi, che fino a questo giorno mi ha impedito di arrivare all’approvazione del bilancio di previsione, uno strumento fondamentale per poter impostare una qualunque attività all’interno del Comune.
Mi dica Lei con quale coraggio potrò poi continuare a guardare in faccia quei padri di famiglia che mi vengono a chiedere aiuto quando, costretto dalla situazione economica, gli avrò appena aumentato l’IMU dei loro capannoni, capannoni che oggi sono fonte di costo e non di reddito?
Mi dica Lei che cosa devo fare? Non guardare in faccia nessuno e aumentare le imposte così da dare allo Stato i soldi di cui necessita e al Comune gli strumenti per operare?
E secondo Lei i cittadini per quanto ancora saranno disposti e soprattutto avranno la possibilità di pagare? E una volta che Li avremo prosciugati questi nostri concittadini, che fino a oggi hanno consentito di mandare avanti la macchina pubblica versando tutte le imposte anche a scapito della loro stessa attività, cosa faremo? Da chi ripartirà la crescita economica se nel frattempo la maggior parte delle aziende chiuderanno?
Fino a oggi non ho mai promosso la disobbedienza fiscale, ho sempre invitato i miei cittadini ceretani a rispettare le leggi ma so benissimo, perché conosco bene il mio territorio, che non possono continuare a far fronte a nuove ed esose imposte, quando non riescono neppure a mantenere le loro famiglie, a fare la spesa, a pagare le bollette dell’energia elettrica e del gas, per non parlare di quella dei rifiuti, l’acqua pubblica, il canone RAI, il mutuo o l’affitto. In tutto questo vorrei che non dimenticasse anche il pericoloso effetto di degrado psicologico delle persone, aspetto non secondario ma anzi fondamentale per l’allungarsi di questo periodo nefasto.
Bisogna invertire la rotta prima che sia troppo tardi perché quella che Voi avete adottato non è la soluzione per far diminuire il debito pubblico ma è incitare i nostri concittadini a Cerea, come nel resto del Nord Est, a fare le valigie ed andarsene dall’Italia, chi da solo, chi con la propria azienda, lasciando a casa decine, centinaia o migliaia di dipendenti; è spingere famiglie e imprese alla disobbedienza fiscale, chi è più forte, e, purtroppo, al suicidio chi è più debole. E noi sindaci non possiamo fare nulla se non contribuire a questo scenario così nefasto.
Mi permetta ma è ora di dire basta. Lei e la sua squadra siete stati nominati con il preciso incarico di riportare in salute lo Stato italiano, potendo contare sull’appoggio di quasi tutti i partiti: non sprecate questa occasione e consentite al nostro amato Paese e ai Suoi cittadini di tornare a respirare e a noi Sindaci ridateci la dignità e permetteteci di tornare a guardare in faccia i nostri elettori senza vergognarci delle scelte che ci state costringendo a compiere.
La ringrazio per l’attenzione che mi dedicherà e che quindi dedicherà ai cittadini di Cerea.
Mi è gradita l’occasione per porgere i miei migliori saluti.
Il Sindaco di Cerea
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Paolo Marconcini
cari amici lettori,
sono venuto in possesso della bozza di una lettera che un sindaco della bassa avrebbe intenzione di mandare al presidente del consiglio Mario Monti.
Temo che la versione definitiva sarà tagliata, anche perché è abbastanza lunga e Monti non ha molto tempo per leggere. Però penso sia comunque interessante ed esprima chiaramente il disagio crescente con il quale le amministrazioni locali stanno affrontando questi momenti di difficoltà.
buona lettura
Illustrissimo Presidente del Consiglio Prof. Mario Monti,
Sono il Sindaco di una città di ben 16.508 abitanti, al mio secondo mandato.
Sono infatti stranamente e inaspettatamente, appena stato rieletto dai miei concittadini alle scorse elezioni, al termine di cinque anni in cui ho cercato di amministrare questo Comune tra mille avversità, dimissioni e colpi bassi, in un crescendo di difficoltà economiche e tagli continui da parte del governo Berlusconi, ma non lo posso dire perché pensando di perdere le elezioni ho voluto fare il mio dovere fino in fondo presentandomi con il simbolo del PDL.
Ora la situazione, come lei ben sa e come ben sapevo anche io, non sta migliorando.
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